Ieri pomeriggio si è svolto l’interessante Workshop di Adr Center sul ruolo dell’avvocato nella mediazione. Alcune impressioni:
1) I miei colleghi avvocati sono piuttosto confusi. La stragrande maggioranza non ha praticamente idea di cosa sia realmente la mediazione. Da qui, evidentemente, l’atteggiamento di rifiuto di parte dell’avvocatura, che sta sfociando in iniziative al limite dell’illegalità, come quella lanciata da alcuni (pochi, fortunatamente), che suggeriscono ai colleghi di non inviare le istanze di mediazione nelle materie obbligatorie, ma di andare avanti con le citazioni come se nulla fosse, salvo poi denunciare dubbi profili di incostituzionalità dinanzi al Giudice. Ovviamente, sconsiglio vivamente di comportarsi in questo modo, sia per il danno al cliente sia per le possibili sanzioni.
2) Questa confusione si ripercuote anche nella forte preoccupazione che alcuni avvocati hanno di perdere i loro onorari, dato che la mediazione promette di risolvere le questioni rapidamente, evitando quindi cause lunghissime con le relative parcelle. Al di là del profilo etico di questo atteggiamento, sui cui torneremo dopo, è stato esaurientemente spiegato ieri che anche questa preoccupazione è assolutamente infondata, ed è causata da una mancata conoscenza della procedura. Infatti, è palese intanto un fatto: nella stragrande maggioranza dei casi (ma mi spingo fino a dire nella totalità), chi andrà in mediazione lo farà con l’assistenza del suo legale di fiducia, e questo per varie ragioni: la prima è che comunque chi ha una controversia legale, per abitudine e per ovvia mancanza di competenze, continuerà a rivolgersi all’avvocato per un parere e poi eventualmente per essere assistito nella procedura; la seconda è che la stessa preparazione dell’istanza (si veda Istanza di mediazione) non è cosa che il comune cliente possa far da solo. Si pensi alla necessità di indicare l’oggetto della controversia e le ragioni della pretesa: come ci ha confessato ieri una delle relatrici, l’avv. Roberta Calabrò, legale di grande bravura ed esperienza e mediatore da anni, e come è successo anche a me, spesso questo non è e non è stato facile nemmeno per noi, figuriamoci per il cliente.
Ma ovviamente non finisce qui: la presentazione di un’istanza di mediazione presuppone per l’avvocato tutta una serie di attività che vanno adeguatamente considerate e retribuite. Si comincia dall’attività preparatoria, con gli incontri con la parte, la raccolta dei documenti, lo studio della pratica e così via. Si passa poi alla redazione dell’istanza di mediazione ed al suo invio, con tutti gli allegati. Poi, è prevista la redazione di una memoria in cui riassumere i fatti e le pretese ed il suo invio al mediatore, prima dell’incontro. E’ possibile anche che vi siano degli incontri preliminari. Tutte queste attività sono molto importanti e solo da un legale possono essere svolte.
Si passa poi all’incontro di mediazione, la cui durata può essere più o meno lunga. Io credo che nessuno si presenterà in mediazione senza legale. Ma un altro elemento fondamentale, e che purtroppo i miei colleghi non sembrano aver compreso, è che non è il mediatore a redigere l’accordo: sono le parti stesse e per loro gli avvocati. Questa, ovviamente, è un’attività importante e da retribuirsi correttamente.
Altro elemento molto importante è che nella mediazione, l’accordo sottoscritto molto spesso prelude ad altre attività, come la stesura di ulteriori accordi o di contratti. Si veda ad esempio l’articolo del Sole 24 Ore di ieri (articolo ilsole24ore) in cui si descrive una mediazione andata a buon fine ed in seguito alla quale si dovrà redigere un nuovo importante contratto. Queste, ovviamente, sono attività riservate ai legali.
Tutto questo, ovviamente, senza voler considerare che il cliente non è un oggetto “usa e getta”, per cui se egli esce soddisfatto dall’aver ricavato un risultato vero ed in tempi brevi dalla mediazione (non la “vittoria di Pirro” che spesso si ottiene dopo dieci anni di causa) non potrà che apprezzare l’operato del suo avvocato, con conseguente sua fidelizzazione.
3) Un altro aspetto che è emerso dall’incontro di ieri, fortemente collegato al punto precedente, e che mi permetto di censurare, è il pensiero (di alcuni) che il cliente – mi si consenta l’espressione – sia un pollo da spennare. Il problema di alcuni era, come sopra accennato, “ma se la questione, con la mediazione, finisce in due incontri, io perdo gli onorari della causa!!”
Ecco, questo è l’atteggiamento, fortemente criticabile sul piano etico e deontologico, che purtroppo consente a molti nostri connazionali di considerarci come degli avvoltoi, e che impone assolutamente un radicale cambio di mentalità.
Il cliente viene da noi per risolvere un suo problema, non per consentirci di trarre il massimo guadagno dal suo problema. Il fatto che la mediazione possa consentirgli di risolvere questo problema in tempi rapidi non va considerato come una jattura per l’avvocato il quale, anzi, ha il dovere assoluto nei confronti del cliente di aiutarlo a risolvere la controversia nel minor tempo possibile ed ovviamente nel miglior modo possibile. Questo ovviamente non significa che il legale debba far accettare al cliente qualunque soluzione pur di risparmiare tempo: starà alla nostra professionalità giudicare, di caso in caso, se l’eventuale accordo (tenuto conto di tutto, costi, durata di un eventuale processo e quant’altro) sia accettabile. Ma il fatto che si veda il problema del cliente come una causa da far durare il più possibile, al di là dei veri interessi del nostro assistito, è veramente intollerabile.
Per concludere: sta alla professionalità ed alla bravura dell’avvocato far comprendere al cliente come funziona la mediazione, ma soprattutto il ruolo fondamentale del legale nella procedura: io sono sicuro che se l’avvocato saprà comportarsi nel modo migliore per tutelare i veri interessi del suo assistito, questo sarà il primo a riconoscere (anche economicamente) il ruolo del suo legale.
Di seguito, un video realizzato nel corso del progetto dell’Unione Europea, denominato Lawyers in Adr:
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