Prime riflessioni sulla “tre giorni” dell’esame di avvocato. Premetto che anche alcuni dei miei validissimi collaboratori hanno svolto l’esame, quindi so di cosa sto parlando.
Ebbene, tra ciò che mi è stato riferito e ciò che ho letto sui giornali, non posso che dire di essere sempre più scettico. Faccio alcuni esempi: due commissari che (per carità, in assoluta buona fede) danno consigli in totale contrasto tra loro, confondendo le idee ai candidati, già abbastanza confusi per conto loro; gente con lo smartphone in bagno che riceve per e mail l’intero compito magari dal dominus; tracce che vengono dettate in orari totalmente diversi tra le varie sedi, con le ovvie conseguenze. Per non parlare della tragica differenza della percentuale di promossi a seconda delle sedi di correzione. Ma soprattutto, alla luce del fatto che molti candidati non avendo mai svolto veramente la pratica forense, non avevano la più pallida idea di cosa stessero facendo, un’ulteriore sfornata di poveri ragazzi che non hanno idea di cosa sia veramente la Professione e che credono di poter trovare lavoro e mantenersi dignitosamente in un mondo in cui, ahimè, la concorrenza è sempre più dura e l’Avvocato è visto spesso come un nemico.
Non sarebbe meglio trovare forme alternative per garantire l’effettiva preparazione alla Professione, come il controllo dell’effettivo svolgimento della pratica, con la vera partecipazione alle udienze, la reale redazione degli atti e così via per poi sostenere un esame dal taglio più pratico ma meno confusionario?
Comprendo perfettamente la posizione di chi dice, tra i Praticanti, che non è giusto che in futuro l’esame sia più duro rispetto a quanto lo è stato per chi è già Avvocato: ma bisogna pur rendersi conto che così non si può andare avanti.
Ditemi cosa ne pensate.
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