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Corte di Cassazione, sez. VI-3 Civile, sentenza 19 aprile – 29 maggio 2012, n. 8581
Presidente Finocchiaro – Relatore Lanzillo
Premesso in fatto
Il 27 febbraio 2012 è stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ.:
“1.— C.R. ha proposto al Tribunale di Napoli domanda di condanna di S.G. — conduttore di un appartamento di proprietà di A.G. , deceduto – a versargli i canoni di locazione, per avere egli ereditato l’appartamento in forza di testamento di cui gli ha inviato copia nel 1990.
Il S. ha resistito alla domanda, affermando che egli versava regolarmente i canoni di locazione alla vedova dell’A. , essendovi controversia sui diritti ereditari del C. .
Il Tribunale ha accolto la domanda, condannando il S. a pagare all’attore Euro 27.537,48, oltre interessi legali e rivalutazione, quale importo dei canoni scaduti dal marzo 1990 al settembre 2004.
Proposto appello dal soccombente, a cui ha resistito il C. , la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado, sul rilievo che l’appellato è risultato legittimato a riscuotere i canoni, quale erede dell’appartamento, e che i pagamenti effettuati dal S. alla vedova dell’originario locatore non si possono ritenere effettuati in buona fede, poiché fin dal 1990 il C. aveva sollecitato il S. a versare a lui le somme dovute, inviandogli copia del testamento.
Il S. propone tre motivi di ricorso per cassazione.
L’intimato non ha depositato difese.
2.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia omessa od insufficiente motivazione, poiché la Corte di appello non ha in alcun modo indicato da quali clementi di prova abbia tratto il convincimento del diritto del C. alla riscossione dei canoni, essendo la causa fra gli eredi ancora in corso a seguito dell’impugnazione della sentenza emessa in primo grado.
Questa sentenza, fra l’altro, ha riconosciuto al C. il diritto sul solo appartamento occupato dal S. ; non anche sul vano terraneo compreso nella locazione, sicché la somma spettante a titolo di canone avrebbe dovuto essere ridotta in proporzione.
La sentenza impugnata ha altresì omesso di considerare che il S. era obbligato a pagare il canone alla vedova del locatore finché non fosse stato accertato il diritto ereditario del terzo.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione degli art. 1188 e 1189 cod. civ., sul rilievo che erroneamente la Corte di appello ha ravvisato a suo carico gli estremi della mala fede, non avendo egli avuto alcun elemento certo per decidere quali fra gli eredi che si contendevano il diritto sull’appartamento fosse effettivamente legittimato a conseguirlo.
Richiama il principio giurisprudenziale per cui — in tema di pagamento al creditore apparente — occorre tenere conto dei margini di opinabilità e di incertezza nell’individuazione del creditore, sicché non solo il vero e proprio errore di diritto, ma anche il dubbio sulla sussistenza del diritto altrui può costituire buona fede (Cass. civ., sez. 3, 24 novembre 2009 n. 24696).
3.- I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati perché connessi, sono fondati.
La sentenza impugnata ha accertato in fatto che il conduttore ha versato 1 canoni di locazione, dopo la morte del locatore, alla vedova di lui, cioè a persona a cui la legge conferisce il titolo di erede legittima e legittimarla, riservandole una quota di eredità che risulta intangibile non solo sotto il profilo quantitativo, ma anche sotto quello qualitativo, nel senso che il diritto del legittimario potenzialmente si estende alla corrispondente quota di ognuno dei beni che compongono l’eredità (ivi incluso, nel nostro caso, l’appartamento locato al S. , salvi ovviamente i diversi accordi in sede di divisione). Per di più, la vedova del locatore — già con esso convivente — risultava essere mi possesso dei beni ereditari, o quanto meno dell’appartamento in questione, sicché correttamente il conduttore ha versato i canoni alla stessa, facendo affidamento sulla situazione apparente.
Le rivendicazioni ereditarie dei terzi (nella specie, del C. ) non si possono considerare di per sé idonee a creare nei confronti dei debitori dell’eredità un’apparenza diversa, pur se fondate su di uno scritto testamentario, salvo che dal documento risulti in modo incontrovertibile sia il diritto del richiedente, sia la sua idoneità a prevalere anche sui diritti dell’erede legittimarla: circostante che la motivazione della sentenza non ha in alcun modo menzionato. Nella specie risulta anzi il contrario, cioè che vi è una causa in corso fra gli eredi il cui esito è tuttora incerto, ed ancor di più lo era alla data dei pagamenti.
L’onere di dimostrare che il debitore non ignorava la reale situazione, ovvero che l’affidamento di lui è stato determinato da colpa, era a carico del creditore (Cass. civ. Sez. 3, 24 novembre 2009 n. 24696); né vale ad integrare mah fede il mero dubbio sulla corretta soluzione della controversia fra i coeredi, o la mera possibilità che il terzo sia riconosciuto erede: questioni solitamente complesse, che esulano dalle conoscenze e competenze dei debitori dell’eredità (cfr. ancora Cass. civ. n. 24696/2009, cit).
La motivazione con cui la Corte di appello ha ravvisato la mala fede del S. per il solo fatto che gli era stata inviata copia di un testamento — per di più in mancanza di ogni specificazione circa il contenuto del testamento medesimo e la sua idoneità a dimostrare la fondatezza dei diritti rivendicati – è logicamente insufficiente a giustificare la soluzione e giuridicamente scorretta, perché contrastante con i principi che regolano la materia.
In base a tali principi i rapporti ereditati si risolvono fra coeredi e la responsabilità per la restituzione dei frutti (quali sono i canoni di locazione dei beni ereditali) grava, se del caso, sull’erede apparente in favore di chi in definitiva risulti avere i diritti sul bene; non sul terzo che abbia pagato all’erede apparente: fermo restando che come erede apparente deve intendersi chi possa vantare un titolo legale sull’eredità e per di più sia nel possesso dei beni ereditari (cfr. Cass. civ. Sez. 3, 14 ottobre 2011 n. 21288).
4.- Il terzo motivo, con cui il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia omesso di decidere sulla sua eccezione che i diritti del C. non comprendono il vano terraneo, risulta assorbito.
5.- Propongo che il ricorso sia accolto, con decisione in Camera di consiglio”.
– La relazione e stata comunicata al pubblico ministero e ai difensori delle parti.
– Il P.G. non ha depositato conclusioni scritte.
Considerato in diritto
Il Collegio, all’esito dell’esame del ricorso, ha condiviso la soluzione e gli argomenti prospettati dal relatore.
In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, affinché decida la controversia con adeguata motivazione ed uniformandosi ai principi di diritto enunciati nella relazione (parti in corsivo). La Corte di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte di cassazione accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
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