Avvocati e la bozza del decreto liberalizzazioni: un primo esame

Pubblichiamo di seguito la prima bozza del c.d. Decreto Liberalizzazioni. Personalmente, mi pare che la montagna abbia partorito il famoso topolino, e mi chiedo in che modo queste misure possano aiutare la crescita economica.

Per quanto riguarda gli avvocati (e i professionisti in generale), le norme interessate sono quelle indicate al capo III, precisamente agli articoli 7, 8, 9 e 10.

L’articolo 7, al comma 1, dispone l’abrogazione di” tutte le tariffe professionali, sia massime che minime, comprese quelle di cui al capo V, titolo III, legge 16 febbraio 1913, n. 89” (quelle Notarili).

Per quanto riguarda gli avvocati, la totale abolizione delle tariffe pone una serie di problemi. Mi viene in mente, ad esempio, l’impossibilità di quantificare gli onorari per un atto di precetto, oppure nel gratuito patrocinio.

Al successivo comma, viene modificato l’art. 2233 del c.c., riguardante la determinazione del compenso da parte del Giudice in caso di mancato accordo, nel senso che viene cancellato il riferimento alle tariffe e al parere dell’associazione professionale.

L’art. 8 introduce l’obbligo di concordare in forma scritta con i clienti il preventivo per la prestazione professionale. La redazione del preventivo sarà obbligo deontologico e in mancanza vi sarà illecito disciplinare. Infine, nel preventivo andrà indicata l’esistenza della copertura assicurativa per la responsabilità professionale e il relativo massimale.

Questa norma suscita parecchie perplessità: mi permetto di segnalare, al riguardo, il pensiero di un illustre Collega, Federico Bucci:

Mi premuro di segnalare così -tra l’altro- la devastante esizialità della previsione dell’obbligo, a carico del professionista, di comunicare al cliente, in vista del conferimento dell’incarico, il massimale della polizza per la responsabilità civile.

La stipula di una polizza assicurativa rappresenta, per avvocati e commercialisti, un dovere morale, assolto da ciascun professionista attraverso il contemperamento di due elementi:  l’incidenza dei premi assicurativi sul proprio fatturato e il concreto rischio implicito nell’attività svolta.  In genere, i massimali assicurati oscillano da euro 500 mila ad euro 3-4 milioni.  Un’eccezione è rappresentata dalle coperture dei grandi studi internazionali, che possono raggiungere anche livelli considerevoli, nell’ordine di 100-200 milioni di euro di massimale a “prima richiesta” e per sinistro.

Con l’introduzione dell’obbligo di comunicare il massimale al cliente, entra in gioco un elemento ulteriore:  la necessità di adeguare la copertura assicurativa al rischio specifico percepito dal cliente in ordine all’attività oggetto del mandato professionale.  In altri termini, non sarà più il professionista a valutare l’adeguatezza al rischio della propria assicurazione, bensì il suo assistito.

Lo spostamento della valutazione del rischio dal professionista, che contrae e paga la polizza, al cliente, è un fenomeno che comporterà, assai più di qualsiasi altra misura (riforma degli ordini, abolizione tariffe, possibilità di esercitare l’attività in forma societaria, etc.) una radicale trasformazione della professione in Italia.

È evidente, infatti,  che i professionisti saranno costretti ad allineare i massimali al valore degli affari che essi intendono curare.

Ad esempio:  qualora l’avvocato o il commercialista Tizio debba assistere la società Alfa nella stipula di un contratto avente ad oggetto un appalto del valore di euro 5 milioni,  dovrà saggiamente ritenere che Alfa gli conferirà mandato soltanto nel caso possa ritenere di potersi rivalere su di lui, in caso di colpevole errore professionale, per almeno 5 milioni.  È agevole, peraltro, immaginare che i professionisti che non fanno parte di grandi organizzazioni, si troveranno ad essere tagliati fuori da qualsiasi incarico che comporti la cura di interessi economico-patrimoniali superiori alla soglia media di copertura assicurativa sopra ricordata.  

Allo stesso tempo, si assisterà ad una fortissima concentrazione degli affari nei grandi studi, le cui conseguenze saranno essenzialmente tre:  1) la falcidia della maggior parte dei professionisti liberi, degni di tal nome, con impatti sociali devastanti;  2)  la creazione di una barriera all’entrata nella professione assai più difficile da superare di quella del tirocinio obbligatorio o dell’esame di stato;  3) la crescita delle tariffe libere, secondo il classico modello economico della lievitazione dei prezzi che segue sempre le grandi concentrazioni d’imprese in un determinato settore.

In buona sostanza, gli obiettivi della “liberalizzazione” verrebbero grottescamente vanificati.  Almeno, gli obiettivi dichiarati, che – come noto – sono quelli di favorire la riduzione dei costi delle prestazioni professionali per individui ed imprese.  

Verrebbero, invece, pienamente colti gli obiettivi non dichiarati che si dice siano quelli di voler distruggere il ceto dei professionisti, che è sempre di ostacolo a regimi di tipo semi-autoritario che fondano il consenso sulla capacità di manipolazione e di indirizzo degli strati sociali meno abbienti e sulla connivenza con la grande finanza e la grande impresa.

Sarebbe necessario intervenire subito, attraverso ogni possibile canale, istituzionale e/o personale, per impedire che nel decreto sulle liberalizzazioni venga inserito realmente l’obbligo di comunicazione del massimale assicurato al cliente.    

E’ imperativo, vitale che ciascuno di noi diffonda tra i Colleghi -in ogni caso- la notizia dell’incombente massacro, a mezzo della posta elettronica e dei social network.

Chi di noi ha rapporti con politici segnali l’odiosa assurdità, anche se il decreto legge sarà poi convertito dal Parlamento con l’ apposizione della fiducia.  

E’ però vitale che cerchiamo di schivare il colpo.

Federico Bucci

Bozza Decreto Liberalizzazioni

2 commenti su “Avvocati e la bozza del decreto liberalizzazioni: un primo esame

  1. Con questa legge i piccoli professionisti sono destinati a scomparire, e si fa un bel favore alle Assicurazioni che troveranno una gran quantità di nuovi clienti.

  2. Quindi tutto dovrebbe essere legato alla moralità del consulente che, si da per scontato, in quanto tale sceglierà l’opzione più giusta per “tutti” ? E la tutela dell’assistito ?

    Un giovane avvocato potrà non avere la coopertura assicurativa di un grosso studio e se l’azienda alpha deciderà di dargli l’incarico per un contratto di 5ml di euro lo farà assumendosi il rischio di un risarcimento inferiore a favore di un trattamento economico più conveniente vista l’assenza di un tariffario si baserà su un rapporto tra costo,qualità consulente e eventuale indennizzo.
    Son cose normali per chi ha a che fare tutti i giorni con le regole del mercato.

    Leggendo sembra che il consulente sia l’unico in grado di valutare la giusta misura della copertura per di più dove poterlo fare senza nessun obbligo di informazione non sembra una lettura molto obiettiva.

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