Consulenza legale e tributaria
Facciamo seguito a quanto detto ieri, e pubblichiamo un articolo di Gian Antonio Stella, ripreso dal sito del Corriere della Sera. Ringraziamo, ancora un volta, chi ci ha rappresentato in questi anni e ieri ha avuto l’idea geniale di non andare dal Ministro.
«Boccaccia mia statte zitta»: la guardasigilli Anna Maria Cancellieri, davanti alla reazione degli avvocati, si sarà morsa la lingua come il pupazzo Provolino di un vecchio Carosello.
Sulle lobby professionali che ostacolano le riforme, però, ha ragioni da vendere. Basti dire che l’Italia ha il triplo degli avvocati rispetto alla media europea. E l’anomalia pesa troppo spesso, in certe aree, sulla macchina della giustizia. Un esempio? La Campania ha il 61% delle cause per sinistri stradali, spesso inventati.
Sia chiaro: guai a fare di ogni erba un fascio. C’è avvocato e avvocato, Ordine e Ordine, regione e regione. E sarebbe disonesto confondere i professionisti che fanno il loro mestiere al meglio, cercando di dare una mano per far funzionare i tribunali, con una quota di azzeccagarbugli che drogano un’enormità di cause finendo per intralciare la giustizia giusta. Lo stesso Pietro Calamandrei, del resto, in un saggio per «I quaderni della Voce» di Giuseppe Prezzolini intitolato «Troppi avvocati!», se la pigliava nel 1921 con «l’esistenza di questo proletariato forense» considerato «la sciagurata causa di tutti mali dell’avvocatura» proprio per difendere quella professione così vitale in una democrazia. E per lo stesso motivo attaccava «gli avvocati (che) riempiono le aule del Parlamento trasformandolo in Camera d’Avvocati».
Sulla base dei dati del Cepej (European Commission for the Efficiency of Justice), l’economista Leonardo d’Urso, collaboratore de «lavoce.info», ha composto una tabella che da sola dice tutto. Ogni 100.000 abitanti ci sono in Europa 127 avvocati. Bene: la media italiana è di 406. Solo la Val d’Aosta (la più virtuosa con 139) si avvicina al resto della Ue. E la sproporzione via via si accentua fino a toccare a Roma e nel Mezzogiorno numeri da brivido: 524 «toghe» nel Lazio, 586 in Puglia, 652 in Campania, 664 in Calabria. Dove c’è un legale ogni 150 abitanti contro la media continentale di uno ogni 787. Cosa vorrà mai dire: che da noi i cittadini sono molto più tutelati? Ma dai!
E sarà un caso che le regioni in cui ci sono più avvocati sono quelle in cui ci sono anche più cause? È il numero esorbitante delle cause che ha man mano fatto crescere quello dei legali o piuttosto, al contrario, è l’esubero di legali ad aver fatto crescere le cause fino a intasare i tribunali? La stessa Banca d’Italia, nello studio «La giustizia civile in Italia: i divari territoriali» di Amanda Carmignani e Silvia Giacomelli, sottolinea il parallelo: «L’effetto del numero di avvocati in rapporto alla popolazione sulla variabile dipendente risulta positivo e statisticamente significativo. In base all’evidenza empirica, le variabili che hanno maggiore impatto sul tasso di litigiosità sono il valore aggiunto pro capite e il numero di avvocati per abitante».
Traduzione: esattamente come accade nel film di Billy Wilder «Non per soldi ma per denaro», dove Walter Matthau convince il cameraman Jack Lemmon a fingersi gravemente ferito in un incidente di gioco per spillare all’assicurazione un milione di dollari, sono talvolta certi trafficoni delle aule giudiziarie a cercare i clienti e a spingerli a fare causa. E per trarne profitto è essenziale che la Giustizia funzioni peggio possibile. Per una coincidenza, mentre gli avvocati si sollevavano contro il ministro e la sua tesi sulle lobby di traverso alle riforme, l’Ania (l’associazione delle imprese assicuratrici) metteva online il suo rapporto 2012-2013. Dove si legge che «delle oltre 240 mila cause civili pendenti davanti a un giudice di pace circa 150 mila sono concentrate in Campania e, di queste, 108 mila nella sola città di Napoli. Di quelle rimanenti, altre 26 mila riguardano la Puglia, mentre 18 mila sono quelle presenti in Sicilia e quasi 10 mila in Calabria. Escludendo il Lazio (e in particolare la città di Roma), con circa 16 mila cause civili pendenti, le rimanenti regioni d’Italia si suddividono in modo uniforme appena 23 mila procedimenti». Insomma, la Campania assorbe da sola il 61% di tutti i processi per i risarcimenti danni da incidente stradale che ingombrano gli uffici dei giudici di pace. E la città capoluogo, da sola, copre il 45% più di tutto il resto d’Italia messo insieme, tolta la Campania.
Si è visto di tutto, in questi anni. Comprese, come qualche lettore ricorderà, sentenze false emesse da giudici falsi e notificate da avvocati falsi per incidenti stradali falsi. E come dimenticare Gerardo «Tapparella» Oliva, un tappezziere che in un solo anno ebbe la ventura di assistere, così disse, a 650 incidenti? Usciva di casa e vedeva un tamponamento, girava l’angolo notava un pedone finire sulle strisce sotto un motorino… È considerata praticamente un ammortizzatore sociale, qua e là, la truffa alle assicurazioni. Le quali, per carità, badano ai loro interessi e a volte fanno penare per anni dei risarcimenti sacrosanti e scaricano sui clienti rincari da brivido, ma certo devono arginare imbroglioni di ogni genere. Ecco la famigliola che in un anno denuncia 12 schianti tutti e dodici con la stessa macchina. La Lancia Y che colleziona 20 incidenti in due anni. Le cartelle cliniche false. E via così.
A volte scappa un sorriso perfino alla vittima della truffa. Come nel caso di una Suzuki 1000 che, impennandosi alla Valentino Rossi, era finita contro un’auto causando danni ingenti. Alla guida figurava una vecchia di 85 anni che non usciva di casa da tempo immemorabile. Possibile che fosse sua l’idea tentare di tirar su qualche soldo con l’assicurazione? La tradizione, del resto, è antica. Nel 1729 Montesquieu annotava già questa abbondanza esagerata di avvocati: «Non c’è un Palazzo di Giustizia in cui il chiasso dei litiganti e loro accoliti superi quello dei tribunali di Napoli. Ho sentito dire dal Viceré che ci sono a Napoli 50.000 di questi “causídici”, e vivono bene. Lì si vede la Lite calzata e vestita». Da allora son passati tre secoli…
Per medicina vi è il numero programmato all’università. Per giurisprudenza accesso libero. La sovrabbondanza di avvocati non è un problema di oggi. Perché non si è deciso e non si decide di istituire il numero programmato anche per giurisprudenza?
farebbe bene il Corriere della Sera a parlare di tutte le truffe miliardarie che si fanno nel nord italia, ma chiaramente parlare male del sud fa sempre notizia
Se l’accesso è libero allora gli avvoocati sono troppi e la gente si lamenta..
Se l’accesso è chiuso o limitato allora gli avvocati sono contro le liberalizzazioni…
In ogni caso siamo un CASTA di 250.000 persone… roba da ridere…….i dirigenti pubblici, i magistrati, che spesso e volentieri non fanno ….. u…… loro no eh???
Finalmente qualcuno che ammette che quella degli avvocati è una casta, altro che casta dei mediatori come mi è già capitato di sentir dire (ovviamente da chi difende privilegi personalistici).. A questo punto la domanda è lecita: tra gli altri vantaggi, non è che la mediazione avrà anche quello di ridurre progressivamente il numero di avvocati abilitati in italia in modo da riportare il paese in linea con la media UE ?
Penso che oggigiorno, specialmente con la crisi economica, un comune cittadino abbia molto più interesse – per risolvere il suo problema – a rivolgersi ad un mediatore piuttosto che ad un avvocato.
Il ragionamento è più complesso
Quando una categoria è composta da 250.000 soggetti che la esercitano non E’ Casta poichè è impossibile da ogni punto di vista definrla tale ( Per Caste si intende un sempre un gruppo RISTRETTO di persone). Dire che siamo un casta e poi lamentarsi che siamo troppi è già di per sè gravemente illogico, irrazionale e contraddittorio. Per il resto ritengo che la mediazione così come è formulata nel decreto c.d. fare possa essere di reale utilità ai cittadini e di nessun pericolo all’Avvocatura, a cui vengono riconosciuti ruoli e prerogative anche all’interno di tale procedimento ( ben diversa era la mediaconciliazione Alfaniana)
Francamente capisco poco quella parte dell’Avvocatura che ancora la contesta ( soprattutto per i toni usati) GIUSTA ed anche nell’interesse dei cittadini, è invece la protesta degli Avvocati contro la chisura della maggior parte degli Uffici Giudiziari, che renderebbe davvero difficile al cittadino l’accesso alla giustizia….
In questo caso, il termine “casta” o “lobby” degli avvocati è chiaramente da intendersi come relativo ad un insieme di personalità ai vertici di questa categoria professionale, le quali – proprio perchè ai vertici – hanno capacità di influenza sulle principali istituzioni politiche e sulle loro decisioni. Quindi non è errato utilizzare questo termine ed è fuori contesto ricordare per l’ennesima volta che gli avvocati in Italia sono 250.000, perchè non è questo il punto. L’aspetto rilevante è che, come detto sopra nell’articolo, all’interno di questa pletora di avvocati più o meno competenti, esistono gruppi di pressione che cercano, in vario modo, di influenzare le decisioni politiche al fine di ritardare o bloccare le riforme fondamentali di cui questo paese ha bisogno.
Fortunatamente pare che cittadini, imprese, mass-media e ultimamente, lo stesso Ministro Cancellieri, stiano facendo luce su questa situazione che rappresenta un vero e proprio vulnus alla domanda forte di cambiamento che oggigiorno arriva da tutta la penisola e senza distinzione sociale.
Quindi, avanti così e finalmente avremo una politica capace di prendere sagge decisioni senza essere influenzata da portatori di interessi meramente personali.
2)Non esistono gruppi di pressione, esistono Categorie ( ripeto 250.000 persone non sono un casta, sono una categoria…chiunque può diventare Avvocato- ancher Lei se ne è capace e se ne ha voglia- il sottoscritto non aveva il padre Avvocato ). 2) che gli Avvocati siano una pletora è stato ad affermarlo per primo nel suo labirintico ragionamento salvo poi dire che siamo un casta ( gruppo ristretto e chiuso di presone per sua stessa definizione) 3) che i vertici della nostra categoria ci stiano rappresentando male è sotto gli occhi di tutti, ma essi a loro volta non sono una casta sono i rappresentanti dele notre associazioni sindacali oppure dobbiamo consiederare casta anche la Confcommercio, la CGIL, la Confindutria, insomma i rappresentanti di tutti coloro che esercitano una qualche attività, insomma tutto è casta secono il suo ragionamento eccetto i disoccupati, manca solo piove governo ladro e poi mi sento davvero al BAR
Sono necessarie alcune ulteriori considerazioni per commentare questo interessante articolo apparso sul Corriere della Sera e gli altrettanto interessanti commenti:
– da BAR è affermare che chiunque può diventare avvocato; tale affermazione è un luogo comune qualunquistico tipico del nostro paese che, nel corso dei decenni, ha aperto le porte dell’avvocatura più o meno a tutti, con i pessimi risultati che possono leggersi nell’articolo riportato sopra..
– quella dell’avvocatura è certamente una categoria, però come tutte le categorie professionali ha una struttura piramidale, con una base e un vertice, ed è questo vertice a rappresentare la cd. “casta” o “lobby” di pressione. Forse non le è ben chiara la distinzione tra categoria professionale e “casta”/”lobby”, eppure di giuridico e tecnico non ha nulla..
– secondo il mio ragionamento tutto non è casta, anzi è ben diverso; in ciò che ho scritto in precedenza non compare questa affermazione che fa lei, rilegga bene e questa volta cerchi di non perdersi nel mio labirintico ragionamento..
Se Lei mi mette in bocca cose che non ho detto è inutile la discussione: chiunque purchè ne abbia la capacità: Laurea di ventisei esami, tirocinio ed esme di Stato ( con circa il 50-60% di bocciati). Se le pare poco si accomodi e ci provi… Se gli Avvoccati sono troppi ciò è dovuto al fatto che molti giovani hhanno scelto questa strada, forse in modo poco lungimirante. In gooni caso non mi sembra che in Italia ci siano pochi laureati in Lettere Scienze Politiche Economia.. ecc ecc.