Multe: per la Cassazione, la comunicazione dei dati del conducente va effettuata anche in pendenza di ricorso, il cui accoglimento non cancella la sanzione per il mancato invio dei dati (sentenza 22881 del 10 novembre 2010)

Per la Suprema Corte, che ha annullato una sentenza del Giudice di Pace decidendo nel merito, il modulo di comunicazione dei dati del conducente va inviato anche in pendenza di ricorso contro il verbale originario e l’accoglimento del ricorso non annulla la sanzione ricevuta per non aver comunicato i dati; questo però non significa che i punti vengono sottratti comunque, ma ciò accade solo in caso di rigetto del ricorso contro il primo verbale. In caso di accoglimento, come detto, resta valida la sanzione ez art. 126-bis del C.d.S.

Cassazione civile sez. II – 10 novembre 2010 n. 22881

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso gli uffici della stessa in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

M.D.;

– intimato –

avverso la sentenza del Giudice di pace di Lagonegro n. 92/06 depositata il 24 febbraio 2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 24 settembre 2010 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;

udito il P.M., in perdona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Sig. M.D. propose davanti al Giudice di pace di Lagonegro opposizione a verbale di accertamento della violazione dell’art. 180 C.d.S., comma 8, elevato dalla Polizia Stradale e notificatogli il 14 maggio 2005 per avere, quale destinatario di precedente verbale di accertamento di violazione dell’art. 142 (eccesso di velocità) in quanto proprietario del veicolo, omesso di comunicare, entro 30 giorni dalla richiesta, le generalità del conducente dei medesimo veicolo, ai sensi dell’art. 126 bis, comma 2 quarto periodo (nel testo all’epoca vigente). Dedusse di non essere tenuto alla comunicazione avendo impugnato il verbale di accertamento dell’eccesso di velocità davanti al medesimo Giudice di pace.

Il giudice adito accolse l’opposizione ritenendo la contestazione dell’illecito di omessa comunicazione dei dati del conducente, ai sensi dell’art. 126 bis C.d.S., comma 2, e art. 180 C.d.S., comma 3, inibita dalla pendenza del giudizio di opposizione avverso il verbale relativo il l’eccesso di velocità, come confermato dal sopraggiunto annullamento dello stesso, che imponeva l’annullamento di ogni atto successivo.

Il Ministero dell’Interno ha quindi proposto ricorso per cassazione deducendo un solo motivo di censura, cui non ha resistito l’intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, il Ministero sostiene che la pendenza del ricorso sulla violazione presupposta (nella specie, l’eccesso di velocità) non sospende l’indagine degli organi di polizia volta all’identificazione dell’effettivo trasgressore, né, conseguentemente, il potere dei medesimi di contestare l’illecito di omessa comunicazione dei dati del conducente.

2. – Il motivo è fondato.

Recita, invero, l’art. 126 bis C.d.S., comma 2, quarto periodo, nel testo anteriore alla modifica introdotta dal D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 164, lett. a), conv., con modificazioni, in L. 24 novembre 2006, n. 286: “La comunicazione (all’anagrafe nazionale degli abilitati alla guida, ai fini, della decurtazione dei punti di patente: n.d.r.) deve essere effettuata a carico del conducente quale responsabile della violazione; nel caso di mancata identificazione di questi, la segnalazione deve essere effettuata a carico del proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunichi, entro trenta giorni dalla richiesta, all’organo di polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione”.

Il termine assegnato al proprietario per comunicare all’organo di polizia che procede i dati relativi al conducente decorre, dunque, non dalla definizione del procedimento di opposizione avverso il verbale di accertamento dell’illecito presupposto, ma dalla richiesta rivolta al proprietario dall’organo di polizia; né è previsto che quest’ultimo debba soprassedere alla richiesta in attesa della definizione della contestazione dell’illecito. E in proposito vi è sostanziale continuità anche nel testo della norma come modificato nel 2006: la nuova formulazione stabilisce, infatti, che il termine (innalzato a sessanta giorni) decorre “dalla data di notifica del verbale di contestazione” dell’infrazione presupposta (e dunque non dalla definizione di tale contestazione).

Non convince, pertanto, l’affermazione secondo cui la corretta esegesi della norma porterebbe a concludere che “in nessun caso …il proprietario è tenuto a rivelare i dati personali e della patente del conducente prima della definizione dei procedimenti giurisdizionali o amministrativi per l’annullamento del verbale di contestazione dell’infrazione”, fatta da Corte Cost. n, 27 del 2005 nel respingere l’eccezione di incostituzionalità, per violazione dell’art. 24 Cost., della prevista decurtazione dei punti patente a carico del proprietario in caso di omessa identificazione del conducente (eccezione invece accolta sotto il diverso profilo della violazione dell’art. 3 Cost.) e ripresa nella sentenza impugnata.

Va infine aggiunto che neppure l’annullamento del verbale di contestazione dell’infrazione presupposta comporta esclusione della sanzione prevista dall’art. 180 C.d.S., comma 8, attesa l’autonomia delle due infrazioni, la seconda delle quali attiene a un obbligo di collaborazione nell’accertamento degli illeciti stradali e dei loro autori (cfr. Cass. 13488/2005, 3123/2002, 9924/2001) che rileva in sè stesso e non in quanto collegato alla effettiva commissione di un precedente illecito.

3. – La sentenza impugnata va pertanto cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può altresì essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ultima parte, con il rigetto dell’opposizione proposta dal sig. M..

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo; non vi è luogo, invece, a provvedere sulle spese del giudizio di merito non essendosi l’amministrazione avvalsa, in quella fase, di patrocinio professionale.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria opposizione; condanna l’intimato sig. M.D. alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 400,00 più spese eventualmente prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2010

 

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