Sulla mediazione controffensiva delle imprese (da Il Sole 24Ore)

Articolo sul sito del Sole 24 Ore di oggi

MILANO
Rischia di farsi pieno di spigoli il tavolo di confronto tra il ministro della Giustizia Angelino Alfano e gli avvocati sulle correzioni alla conciliazione. Perché adesso arriva la controffensiva delle imprese che, in una lettera indirizzata allo stesso Alfano, sottolineano la loro netta contrarietà a ipotesi di intervento in corso d’opera e chiedono comunque di potere dire la loro in sede ufficiale. Tutto questo mentre una parte consistente dei legali conferma l’irriducibilità della protesta chiamando all’astensione dalle udienze per il prossimo 23 giugno.
Ieri è arrivata sul tavolo del ministro una lettera firmata dai presidenti di Confindustria, di Unioncamere, di Confapi, di Rete imprese, di Confagricoltura e del consiglio nazionale degli architetti, con un esordio nel segno della «viva preoccupazione per alcuni dei contenuti delle proposte avanzate (al tavolo di confronto, ndr), che potrebbero snaturare le caratteristiche qualificanti della mediazione, finendo per disincentivarne l’utilizzo e vanificare la reale efficacia dell’istituto, anche in termini di deflazione del contenzioso».
Una discesa in campo che le associazioni imprenditoriali motivano anche nel dettaglio perché a preoccupare è innanzitutto la proposta di stabilire un limite di valore per l’obbligatorietà della mediazione, si è parlato di 5mila euro. Limite che, se tradotto in norma, avrebbe come immediato effetto quello escludere dall’applicazione della mediazione la stragrande maggioranza delle controversie tra imprese. La conciliazione, si legge ancora nella lettera, per le imprese è un servizio rivolto alla crescita della competitività, alla diminuzione dei costi, alla crescita della fiducia nel mercato e alla garanzia della certezza del diritto.
Ma a non convincere le imprese c’è anche un altro punto, quello sul quale l’intesa sembra ormai raggiunta, la necessità dell’assistenza legale nel corso di tutta la procedura di conciliazione. I costi inizierebbero subito a salire per tutti gli utenti. E senza grandi giustificazioni, visto che l’attività di mediazione, nel giudizio degli imprenditori, non richiede particolari competenze tecniche, quanto piuttosto la capacità di favorire la composizione amichevole delle liti.
Le associazioni ammettono però che un confronto con l’avvocatura è opportuno, visto che «il coinvolgimento degli avvocati è un elemento importante ai fini del successo del nuovo istituto». Ben vengano, quindi, soluzioni che permettano di superare il clima di forte contrapposizione che vede sulle barricate, con sfumature diverse, buona parte dei legali ma senza arrivare a stravolgimenti di una disciplina che è operativa solo da poco più di 2 mesi. In ogni caso, al tavolo aperto al ministero dovrebbero essere chiamate anche le imprese, non fosse altro che come riconoscimento per gli sforzi messi in atto da tempo per consentire il decollo della conciliazione.
Intanto, l’ala più dura dell’avvocatura, rappresentata dall’Oua, conferma la protesta e lo sciopero del 23 giugno precisando che non è dalla conciliazione che potranno arrivare misure soddisfacenti per la cancellazione dell’arretrato, tanto più che le disposizioni su cui punta il governo prestano anche il fianco a possibili speculazioni, dal momento che sono oltre 400 le società di capitali iscritte al registro degli organismi di mediazione e formazione.
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Le osservazioni
01|LE RICHIESTE
In una lettera firmata, tra gli altri, da Confindustria e Unioncamere, le imprese chiedono al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, di intervenire per evitare stravolgimenti alla disciplina della conciliazione dopo il confronto con l’avvocatura.
02|I PUNTI CRITICI
Da parte delle imprese viene espressa assoluta contrarietà a misure che limitino l’obbligatorietà, introducendo, per esempio, paletti per valore della controversia. Quanto all’obbligo di assistenza legale, viene fatto notare che la conseguenza sarà l’innalzamento dei costi.

Un commento su “Sulla mediazione controffensiva delle imprese (da Il Sole 24Ore)

  1. Mi pare logico quello che dicono le imprese, basta ragionarci un po’ su.
    Tuttavia è inverosimile che l’avvocatura alla fine non la spunti in qualche modo. Anche in Francia si sono dovuti piegare alla lobby legale (vedi la legge sulla negoziazione partecipata che addirittura esclude la mediazione o la conciliazione nel caso di transazione tra legali che siano fallite) e non credo che in Italia si possa affermare una logica diversa visto che il Governo non è certamente in salute.
    E allora per calmierare i costi della mediazione si potrebbe semplicemente passare a programmi di mediazione gratuita per i fruitori in cui funzioni pure il gratuito patrocinio: le indennità costituiscono infatti un costo irrisorio rispetto alle parcelle legali.
    I provider di ADR in questa logica possono essere pubblici o privati a discrezione della corte di riferimento e quindi non cambierebbe poi tanto la situazione rispetto al sistema attuale se non per il fatto che per entrare nel panel giudiziario ci vorrebbe un’ulteriore iscrizione rispetto a quella ministeriale.
    Non cambia la logica del decreto 28/10 perché comunque resta sacrosanto l’utilizzo della mediazione extragiudiziaria (si veda un esempio da ultimo nella legge sulla mediazione finlandese) anche se le corti, come è successo in Slovenia, abbiano scelto di gestire solo una court-annexed mediation.
    A quel punto starebbe agli Organismi “esclusi” la dimostrazione di possedere standard di affidabilità superiori rispetto a quelli delle Corti: il che non fa di certo male al sistema.
    Lo Stato italiano dovrebbe però mettere mano alla borsa e creare programmi a cui aderiscano le singole corti d’Appello che gestiscano a loro volta la giustizia di pace come si gestisce (o si dovrebbe gestire) oggi la sanità, ossia con criteri imprenditoriali in cui coinvolgere i provider. In soldoni si dovrebbe dimostrare che la mediazione ha consentito un risparmio di denaro rispetto al processo (v i form californiani ove si chiede al mediatore di certificare il tempo ed il denaro risparmiato).
    Questo è il modello californiano e sloveno.
    Ma i soldi mancano ed allora il Ministero potrebbe rivolgersi proprio a quelle forze produttive che vogliono e a ragione mantenere lo status quo.
    E lecito protestare, ma ci si deve anche impegnare in proprio, quando si vuole ottenere qualcosa, ovvero una neutralizzazione dei costi nel caso di specie.
    Ora mi viene in mente ad esempio un meccanismo come il fondo formatemp.
    Non si potrebbe pensare ad un fondo per la giustizia a cui tutte le imprese debbano versare una piccola somma?
    Sarò pure un’utopista ma… se non vogliamo che l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni diventi (se non lo è già) il reato più gettonato a livello nazionale non vedo molte altre strade

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