Mediazione: la seconda parte della mia intervista a Mediationhub

Vi sono, chiamiamoli “valori” cui ti ispiri per affrontare le mediazioni?

Quelli della serietà e del rispetto per tutte le posizioni.

Sempre rimanendo nei “valori”, ne individui alcuni specifici propri della Mediazione?

Sicuramente quello, per le parti, di poter gestire fino in fondo personalmente la questione e i loro interessi; altrettanto importante è quello, di cui ho già detto, di risolvere facilmente questioni che altrimenti farebbero perdere anni e denaro alle parti, e bloccherebbero capitali che invece, rimessi in circolazione, possono essere utili per la comunità. Infine, credo che la Mediazione possa portare nel nostro Paese una cultura diversa da quella che ci impone di essere litigiosi per qualunque questione, anche la più piccola.

Permettimi anche di aggiungere una cosa, che è un valore aggiunto: qualcuno sostiene che la conciliazione si dovrebbe fare davanti al Giudice. Ebbene, questa è un’utopia assolutamente irrealizzabile in Italia. Come si può pensare che un Giudice, che è un essere umano, che ha centinaia di cause a ruolo, possa aiutare le parti a conciliarsi in quella bolgia che è l’udienza civile? La differenza con una procedura di Mediazione in cui il Mediatore è dedicato esclusivamente alle parti, in cui ci si ritrova in ambiente tranquillo, senza limiti di tempo, mi pare evidente. Spesso anche questo aiuta ad arrivare a risultati inaspettati.

Quale è la tua visione della mediazione?

Come penso si sia capito, credo molto nella Mediazione. La vedo come una procedura positiva, in cui grazie all’ausilio di un terzo – ben preparato – si possano gestire e superare i conflitti, da quelli più piccoli a quelli più importanti.

Quale è la tua “mission”(una parolina in inglese ci sta sempre bene) personale?

La mia prima missione è quella di essere sempre più preparato nella materia; poi mi piacerebbe che la cultura della Mediazione, come ho già detto, fosse sempre più diffusa. Quando penso a certe questioni (ereditarie, ad esempio) che ho affrontato in Mediazione (anche da legale) e che si sono chiuse positivamente, da una parte sono felicissimo, dall’altra mi sento male al pensiero di quante di queste si trascinano da anni nei Tribunali. Questo significa – per esempio – che spesso, per rimanere alle successioni – gli eredi non possono nemmeno disporre dell’eredità per tantissimo tempo, e magari quando vanno a sentenza hanno speso tanto di quel denaro…ne vale la pena? Ecco, io vorrei dare il mio modesto contributo perché tutto ciò accada sempre meno spesso; quotidianamente, invece, la mia missione è quella di aiutare le parti a trovare una soluzione soddisfacente.

Ora passiamo ad una domanda un po’ particolare. Vorrei che, senza pensarci troppo, mi definissi la mediazione con un simbolo, e con un altro (se possibile), mi indicassi il tuo essere mediatore.

Per quanto riguarda il simbolo, in realtà è un’immagine e non può che essere quella di due mani che si stringono. Per il sottoscritto….lo lascio immaginare agli altri.

Un commento tuo personale sulla Mediazione

Ci sarebbe molto da dire….la disciplina italiana ha sicuramente molti difetti, che potranno essere corretti se chi di dovere avrà voglia di ascoltare chi quotidianamente si impegna in modo serio nella Mediazione. Per quanto riguarda la Mediazione in generale, come detto la sua filosofia mi coinvolge completamente e questo non per semplice teoria, ma alla luce dell’esperienza che vivo e che mi coinvolge ogni giorno di più. Quello che vorrei dire in questa sede è che sono molto rammaricato dalla violenza di alcuni (e mi spiace dirlo, colleghi avvocati) che attaccano l’Istituto senza minimamente conoscerlo. A loro parziale scusante c’è da dire che spesso sono in buona fede ma sbagliano nel lasciarsi fuorviare da qualcuno che nasconde i propri interessi dietro lo scudo di quelli del cittadino, che invece non gli interessano minimamente.

Il link al sito con l’intervista integrale 

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