Il 21 marzo parte il corso base per mediatori di Adr Center

Il 21 marzo parte il nostro corso base, probabilmente ultima occasione per farlo tutto online. Le iscrizioni sono ancora aperte! Qui tutte le informazioni: https://www.adrcenteracademy.com/corso-base-per-mediatori-professionisti/

Il termine per la mediazione demandata, ai sensi del comma 2 dell’art. 5 del D.lgs. 28/2010, non può essere considerato come perentorio, sempre che il tentativo sia svolto prima dell’udienza fissata per la verifica dell’esito.

A questa conclusione è giunta la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 40035/21, depositata lo scorso 14 dicembre, che ha peraltro dipanato un contrasto giurisprudenziale di merito.

La vicenda prende atto da un’opposizione a d.i., peraltro in materia cosiddetta non obbligatoria, cioè non ricompresa tra quelle previste dal comma 1 bis dell’art. 5 del D.lgs. 28/10.

Il Tribunale di Parma, nel disporre una proroga al termine fissato per il deposito di una CTU grafologica, prescriveva che le parti, successivamente al deposito della consulenza tecnica, esperissero, ai sensi dell’articolo 5, comma due, del decreto legislativo n. 28 del 2010, il tentativo di mediazione delegata, assegnando il termine di 15 giorni dal deposito dell’elaborato del consulente tecnico, avvisando le parti che in mancanza il giudizio sarebbe divenuto improcedibile e fissando poi l’udienza al 20 settembre 2016. Ricordiamo infatti, che nel caso in cui il giudice disponga la mediazione delegata anche in materia cosiddetta non obbligatoria, si tratta di un vero e proprio ordine e le parti sono tenute ad espletare il tentativo di mediazione, pena l’improcedibilità della causa, come accade già per i procedimenti nelle materie di cui al comma 1 bis.

La CTU veniva depositata in anticipo rispetto al termine fissato, senza che il deposito venisse comunicato alle parti. Il 25 marzo 2016, scaduto il termine per il deposito dell’istanza di mediazione, la parte opposta depositava un’istanza di anticipazione dell’udienza fissata per il successivo mese di settembre. Successivamente, ed esattamente il 17 maggio 2016, la parte opponente depositava istanza di mediazione.

Il Giudice, che aveva anticipato l’udienza all’8 giugno, ricevuta istanza di differimento da parte dell’opponente, motivata dalla necessità di concludere la mediazione, confermava l’udienza del 21 settembre 2021. In quella sede, il difensore dell’opposta produceva il verbale di mancata conciliazione.

Alla fine, il Tribunale, con sentenza del 2017, dichiarava l’improcedibilità della domanda con conferma del decreto ingiuntivo, dichiarato esecutivo. La parte opponente proponeva appello, mentre l’altra presentava appello incidentale. La Corte d’appello rigettava entrambi gli appelli, e l’originaria opponente notificava e iscriveva ricorso per la cassazione della sentenza di secondo grado, mentre l’altra società resisteva con controricorso illustrato da memoria.

Il ricorso è stato accolto: secondo la Suprema Corte, sia il Tribunale che la Corte d’appello hanno errato nel considerare come perentorio il termine fissato dal Giudice di primo grado, causando quindi l’improcedibilità della domanda. La Cassazione ha innanzitutto ricordato che siamo in ambito di mediazione demandata ai sensi del comma 2 dell’art. 5 del D.lgs. 28/10, e che quindi non si parla di “invito” del giudice, ma che si parla di vero e proprio ordine, con la conseguenza dell’obbligatorietà di tentare la mediazione.

La Suprema Corte ha poi ricostruito il quadro giurisprudenziale ricordando che la giurisprudenza di merito, chiamata a pronunciarsi su come dovesse essere inteso il termine previsto dal giudice che invii le parti in mediazione e sulle conseguenze del mancato rispetto dello stesso, abbia assunto diverse posizioni. In alcuni casi è stato ritenuto che il termine di 15 giorni fosse ordinatorio, in altri che fosse perentorio, e in altri ancora che non si tratti di un termine endoprocessuale.

Anche la dottrina ha approfondito la questione e la soluzione prevalente è che il mancato rispetto del termine dei quindici giorni non determini le improcedibilità della domanda giudiziale ma solo nel caso in cui il procedimento sia stato comunque attivato in tempo utile o si sia concluso prima dell’udienza fissata per la prosecuzione del giudizio.

La conclusione della Suprema Corte, che ribadisce che peraltro il comma 2 dell’art. 5 non prevede espressamente l’adozione di una pronuncia di improcedibilità a seguito del mancato esperimento del procedimento di mediazione delegata entro il termine di 15 giorni, ha ricordato che l’attivazione della mediazione delegata non costituisce attività giurisdizionale e che quindi non è possibile applicare dei termini perentori in mancanza di espresse previsioni in tal senso, che inoltre richiedono una manifestazione di volontà espressa da parte del legislatore.

Prosegue poi la sentenza stabilendo che appare più coerente con l’interpretazione delle disposizioni sulla mediazione e con le finalità della mediazione demandata dal giudice verificare l’effettivo svolgimento del tentativo di conciliazione all’ udienza fissata appositamente dal giudice. Ritiene la Suprema Corte che sei in quell’udienza risulti che vi sia stato il primo incontro dinanzi al mediatore conclusosi senza l’accordo, come nel caso che ci occupa, il giudice non potrà che accertare l’avveramento della condizione di procedibilità e proseguire il giudizio.

Nel caso in esame, infatti, pur se l’istanza di mediazione era stata depositata quando il termine era già scaduto, il procedimento si era concluso prima dell’udienza fissata per la verifica e quindi non è possibile applicare la sanzione dell’improcedibilità. Sarebbe stato diverso al contrario se il procedimento non fosse mai stato iniziato per una colpevole inerzia iniziale della parte, che avesse causato il mancato deposito dell’istanza o comunque la tardività rispetto all’ udienza fissata per la verifica.

Conclude quindi la Suprema Corte elaborando il seguente principio di diritto: Ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità di cui all’art. 5, comma 2 e comma 2 bis del d. lgs. 28/10, ciò che rileva nei casi di mediazione obbligatoria ope iudicis è l’utile esperimento, entro l’udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione, da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l’accordo, e non già l’avvio di essa nel termine di 15 giorni indicato dal medesimo giudice delegante con l’ordinanza che dispone la mediazione.

La mediazione funziona sempre meglio, in particolare in alcune materie, come le divisioni ereditarie.

Il tentativo di mediazione cosiddetto obbligatorio (che poi in realtà obbligatorio non è, visto che le parti possono anche scegliere di non iniziare la procedura) è in vigore da tanti anni, e speriamo che lo rimanga per sempre, anzi che – come previsto dalla riforma che è attualmente in discussione – vengano aggiunte altre materie a quelle oggi in vigore, in cui potrebbe portare ulteriori ottimi risultati

La mediazione, infatti, è uno strumento di civiltà, oltre che di pacificazione sociale. Sono sempre di più i Paesi che, anche prendendo spunto dalla legislazione italiana, la stanno rendendo obbligatoria. Ma ciò che è più importante è il fatto che le nuove generazioni si stanno appassionando sempre di più alle tecniche di negoziazione e di mediazione e in generale alle procedure di risoluzione alternativa delle controversie. I risultati, tra i giovani giuristi, si vedranno tra qualche anno, ma siamo su un’ottima strada.

Ciò che mi interessa oggi, però, è sottolineare gli ottimi risultati della procedura di mediazione in una particolare materia, cioè quella delle divisioni ereditarie e dello scioglimento delle comunioni in generale.

L’esperienza che ho maturato in questo campo (diverse centinaia di procedure chiuse positivamente), mi permette di affermare, senza timore di smentita, che il solo pensiero di andare in Tribunale per risolvere una questione di questo tipo, non dovrebbe nemmeno sfiorare la mente di parti e avvocati, e questo per due ordini di idee.

Il primo è che l’alternativa ad un accordo di mediazione, in questa particolare materia, è assolutamente sconsigliabile. Andare in Tribunale per risolvere una questione ereditaria, che riguardi un testamento o una divisione, o più in generale lo scioglimento di una comunione, significa spendere molto, perdere tantissimo tempo e ottenere poco. Il rischio, ad esempio, che gli immobili in comunione vadano all’asta e che vengano venduti ad un prezzo molto inferiore al loro valore, è assai concreto. Perché preferire questa soluzione ad un buon accordo, che in poco tempo, con poca spesa e con l’aiuto di importanti agevolazioni fiscali possa portare dei vantaggi per tutti?

Il secondo motivo riguarda un aspetto sul quale in Tribunale non solo non è possibile ottenere soddisfazione, ma di cui in sede giudiziaria non si discute affatto. Si tratta dell’aspetto personale ed emotivo, riguardo ai rapporti tra le parti. Molto spesso, soprattutto quando si tratta di questioni ereditarie, questo aspetto è altrettanto importante, se non maggiormente, rispetto a quello economico. Moltissime volte, infatti, le parti arrivano in mediazione fortemente e inevitabilmente condizionate da ciò che è accaduto nel corso degli anni, e che impedisce loro di tenere un comportamento razionale, tanto che certe volte non si rendono conto di farsi del male da soli, pur di fare un dispetto ad un’altra parte, rispetto a cui ritengono di essere state penalizzate.

Un bravo mediatore, che ci metterà tutta la sua passione, sarà in grado di risolvere la questione e di aprire un canale di comunicazione tra le parti, magari interrotto da anni, ristabilendo delicatissimi rapporti familiari, con soddisfazione (e spesso gioia) di tutti. Il ricorso alla via giudiziaria, al contrario, non farebbe che inasprire i rapporti, con il rischio di non riprenderli mai più. Un risultato del genere non ha veramente prezzo, e vi garantisco che quando riesco a raggiungerlo sono felice anche io, se sono riuscito a far riavvicinare le parti…e anche a far avere loro un risultato apprezzabile economicamente, con l’aiuto dei colleghi avvocati che le assistono e che sempre di più apprezzano i vantaggi della procedura di mediazione.

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Valido anche ai fini dell’aggiornamento biennale per mediatori civili e commerciali

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Descrizione del corso

Saper negoziare significa creare valore, costruire relazioni proficue e durevoli e ottenere migliori risultati di business in termini di profittabilità e riduzione di costi. Inoltre, saper negoziare è indispensabile per mediare in modo ottimale.
Il nostro intervento permette di imparare a gestire una trattativa, preparandosi in anticipo con gli strumenti e le tecniche più efficaci, generare più opzioni e ottenere migliori risultati, anche nella gestione del conflitto nelle relazioni, che non va evitato ma gestito per raggiungere il risultato ottimale senza recare danno a sé stessi o all’interlocutore. 

L’apprendimento di queste tattiche è fondamentale anche per gestire al meglio la procedura di mediazione, sia come mediatori che come assistenti delle parti.

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MODULI

  • Gli elementi fondamentali della negoziazione
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  • L’arte e la scienza della negoziazione
  • Preparare e gestire una negoziazione competitiva
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  • Il dilemma del negoziatore
  • Gli stili negoziali
  • Gli 8 elementi della negoziazione
  • Ostacoli strategici e psicologici all’accordo
  • La dura arte della contrattazione
  • Il cigno nero
  • Negoziare uno stipendio migliore o un canone di locazione più basso.. o più alto
  • Imparare a negoziare in mediazione

METODO

  • Inquadramento teorico e messaggi cardine per comprendere la pratica della negoziazione
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Mediazione e processo efficiente, due facce della stessa medaglia che si rafforzano a vicenda.

Dalla rivista MAG di Legalcommunity il testo completo di un intervento di Leonardo D’Urso, cofondatore di Adr Center ed esperto di mediazione e negoziazione: Mediazione e processo efficiente, due facce della stessa medaglia che si rafforzano a vicenda.

E’ necessario rafforzare la mediazione

Mentre alcuni professori universitari, rimasti ancorati alla logica del “causa che pende, causa che rende” lanciano affermazioni – quanto meno – errate sulla mediazione, in realtà si procede con tanti accordi ogni giorno. Soprattutto, con la gioia e la consapevolezza di aver reso felici le parti, invece di iniziare giudizi che finiscono con “è colpa del giudice che non ha letto le carte”. Ora è indispensabile opporsi con tutte le forze al DDL Bonafede, modificato ma non abbastanza dall’emendamento del Governo, in cui è prevista la sottrazione della materia relativa allo scioglimento delle comunioni, ereditarie e non, che in mediazione funziona perfettamente. L’articolo del DDL, che rischia di essere approvato, prevede invece l’obbligatorietà di un costosissimo e inutile procedimento tecnico, che non prenderebbe minimamente in considerazione il reale interesse delle parti, da svolgersi dinanzi ai Notai. Un obbrobrio da evitare assolutamente.

Per approfondimenti sui dati e le statistiche, consigliamo lo “Studio sull’effetto deflattivo delle iscrizioni a ruolo nei Tribunali italiani del primo incontro di mediazione come condizione di procedibilità”, consultabile qui:

Studio sull’effetto deflattivo delle iscrizioni a ruolo nei Tribunali italiani del primo incontro di mediazione come condizione di procedibilità

Meglio mediare!

Il conflitto? Meglio mediare. Nel programma Economia di Radio InBlu, Luca Tantalo di ADR Center racconta come la mediazione può aiutare a ridurre i ricorsi in Tribunale e alleggerire così il sistema Giustizia.
Ascolta qui la puntata: https://www.radioinblu.it/2021/05/15/inblu-leconomiail-conflitto-meglio-mediare-lalgoritmo-della-sostenibilita/

Per il tribunale di roma, la mediazione prevale sulla negoziazione assistita

Per il Tribunale di Roma (ordinanza del 12 aprile 2021, qui allegata) la procedura di mediazione prevale sulla negoziazione assistita, sulla quale il Tribunale si è espresso in senso decisamente negativo, anche nei casi in cui sarebbe obbligatoria quest’ultima: “….la conclamata notoria inefficienza dell’istituto della negoziazione assistita che secondo le statistiche del Consiglio Nazionale Forense ha prodotto, al di fuori della materia delle separazioni e dei divorzi, risultati imbarazzanti quanto a conciliazioni“.

Per il Tribunale, “II decr.lgsl.28/2010, istituto assorbente, come il più contiene il meno, la negoziazione assistita, essendo obbligatoria in entrambi gli istituti – in particolare nella mediazione obbligatoria e demandata, come nella negoziazione assistita – l’assistenza degli avvocati, ma solo nella mediazione essendo prevista la fattiva presenza di un soggetto terzo, autonomo e imparziale, il mediatore che attribuisce un evidente vantaggio aggiuntivo a tale istituto) di talché, da una parte sarà soddisfatta la condizione di procedibilità della causa, dall’altra potrà essere soddisfatta (e testata) la sussistenza della eventuale (e sperata) reale volontà conciliativa da parte del Ministero“. Inoltre, “il procedimento di mediazione è connotato dal ruolo centrale svolto da un soggetto, il mediatore, terzo e imparziale, la? dove la stessa neutralità non è ravvisabile nella figura dell’avvocato che assiste le parti nella procedura di negoziazione assistita. Il mediatore, infatti, ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs 28/10, da un lato, non può “assumere diritti od obblighi connessi (…) con gli affari trattati (…)” nè percepire compensi direttamente dalle parti (comma 1); dall’altro, è obbligato a sottoscrivere, per ciascuna controversia affidatagli, un’apposita “dichiarazione di imparzialità” e a informare l’organismo di mediazione e le parti delle eventuali ragioni che possano minare la sua neutralità (comma 2, lettere a e b). Tale neutralità, oltre ad essere sancita anche dall’art. 3, comma 2 del D.Lgs 28/10, è peraltro altresì precisata dalla disciplina posta dall’art. 14-bis del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180 (Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonché l’approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’art. 16 del DL 28/10), adottato, ai sensi dell’art. 16, comma 2, del medesimo D.Lgs., di concerto con il Ministro per lo sviluppo economico, che regola le cause di incompatibilità e le ipotesi di conflitti di interesse in capo al mediatore. Mentre, dunque, nella mediazione il compito – fondamentale al fine del suo esito positivo – di assistenza alle parti nella individuazione degli interessi in conflitto e nella ricerca di un punto d’incontro è svolto da un terzo indipendente e imparziale, nella negoziazione l’analogo ruolo è svolto dai loro stessi difensori: è conseguentemente palese come, pur versandosi in entrambi i casi in ipotesi di condizioni di procedibilità con finalista deflattive, gli istituti processuali in esame siano caratterizzati da una evidente disomogeneità“.

Qui l’ordinanza integrale:

Mediazione e opposizione a decreto ingiuntivo: il tribunale di firenze va in senso contrario alle sezioni unite

Nell’ormai annosa questione relativa all’onere di presentazione dell’istanza di mediazione in caso di opposizione a decreto ingiuntivo (nel momento della discussione sulla revoca o sulla concessione della provvisoria esecuzione), segnaliamo una recentissima sentenza del Tribunale di Firenze che va in senso opposto alla nota Sez. Unite 19596 del 2020.

Le Sezioni Unite avevano stabilito che <<nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo>>. In sostanza, al termine di un elaborato ragionamento, poneva a carico dell’opposto, in quanto attore sostanziale, l’onere di depositare l’istanza di mediazione, con l’importante conseguenza che, in caso di mancato assolvimento dell’onere, il procedimento di opposizione veniva dichiarato improcedibile, ma soprattutto il decreto ingiuntivo veniva a decadere.

Al contrario, la sentenza del 23 marzo 2021 del Tribunale di Firenze (scaricabile qui dopo l’articolo) assegna l’onere di depositare l’istanza di mediazione all’opponente, compiendo il ragionamento contrario, con la conseguenza, molto più grave di quella prevista in caso contrario, della definitiva esecutorietà del d.i. opposto.

Secondo il Tribunale di Firenze, il D. Lgs. 28/10 si limita a rilevare che l’attivazione della mediazione delegata è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, senza tuttavia individuare le
conseguenze dell’inosservanza dell’ordine del giudice. “In ipotesi quale quella in esame, secondo l’opinione giurisprudenziale che si ritiene di condividere (Trib. Torino, sez. I, 22 luglio 2019, n. 3670. Cfr. Cass. civile, sez. III, 03.12.2015, n. 24629; Trib. Bologna, sez. II, 08.03.2018, n. 769; Trib. Roma, sez. XVI, 02.10.2017),
qualora si verta in ambito di opposizione a decreto ingiuntivo, la domanda che diviene improcedibile è la domanda formulata con l’atto di citazione in opposizione (ed eventualmente con la comparsa di risposta o con comparse di terzi) e, conseguentemente, in ossequio ai principi processuali propri di tale procedimento speciale, ai quali del resto la normativa in tema di mediazione non deroga espressamente, nel caso di improcedibilità del giudizio di opposizione, come nel caso di relativa estinzione, gli effetti del decreto ingiuntivo vengono definitivamente a consolidarsi (art. 653 c.p.c.).
Opinare diversamente, ritenere cioè che la mancata instaurazione del procedimento di mediazione conduca alla revoca del decreto ingiuntivo, si porrebbe infatti in contrasto rispetto alle regole processuali proprie del rito, in quanto si porrebbe in capo all’ingiungente opposto l’onere di coltivare il giudizio di opposizione per garantirsi la salvaguardia del decreto opposto, in contrasto con l’impostazione inequivoca del giudizio di opposizione come giudizio eventuale rimesso alla libera scelta dell’ingiunto.
Peraltro, sul piano degli effetti concreti, ciò condurrebbe ad un risultato opposto rispetto a quello, deflattivo per il sistema giudiziario, che l’istituto della mediazione si propone di raggiungere, imponendo ad una parte (l’opposto) che già è munita di un titolo (il decreto ingiuntivo) che si consolida in caso di estinzione del giudizio e che può ritenersi non interessata alla prosecuzione della lite, di attivarsi anche laddove l’altra parte (l’opponente), non si dimostri più interessata all’esito della stessa, come spesso del resto avviene in caso di opposizioni dilatorie, in seguito all’emissione dei provvedimenti di cui agli artt. 648 e 649 c.p.c. Inoltre, in seguito alla revoca del decreto opposto per l’inosservanza dell’onere di attivare la mediazione, con tutta probabilità la causa di merito verrebbe riproposta, con aggravio del sistema giudiziario
“.

Applicando questo ragionamento, ha dichiarato l’improcedibilità dell’opposizione e contestualmente, la definitiva esecutorietà del decreto ingiuntivo. Facile immaginare che parte opponente, in virtù del principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite, ricorrerà in appello per la riforma della sentenza.

Aspettiamo quindi le prossime puntate…

E’ uscito il nuovo numero di adritalia, rivista leader di settore

E’ stato pubblicato il n.1/2021 della rivista del Comitato ADR & Mediazione, ADRITALIA, leader nel settore delle pubblicazioni in materia di mediazione e risoluzione alternativa delle controversie.

Il download gratuito della rivista in pdf può essere effettuato da qui:

ADR Italia (Numero 1/2021) (Versione PDF)

Per acquistare la versione cartacea il link è invece questo:

ADR Italia (Numero 1/2021) (Versione Cartacea)

Ringraziamo il nostro bravissimo editore, Salvatore Primiceri, e tutti gli autori.