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ROMA – Un risarcimento di un milione e 600 mila euro per un errore diagnostico. Questa la sentenza del giudice Cecilia Bernardo, della seconda sezione civile del tribunale di Roma, nei confronti di una coppia di coniugi, lui 45 anni, lei 41, residenti in un comune della val di Sangro (Chieti). La vicenda riguarda un errore negli esami diagnostici prenatali nel 1999 quando la coppia mise al mondo una bambina affetta da ceroide lipofascinosi neuronale infantile, rarissima patologia.
AVVOCATI IN CORSIA – I problemi dei coniugi, assistiti dagli avvocati Luigi Comini e Filippo Paolini del Foro di Lanciano (Chieti), iniziarono nel 1993, allorquando quando nacque il loro primogenito. Dopo pochi mesi dalla nascita il piccolo mostrò una lunga serie di deficit psichici e motori e venne sottoposto a vari esami e accertamenti presso l’ospedale Bambin Gesù di Roma. La diagnosi dei sanitari romani fu gravissima: ceroide lipofascinosi neuronale infantile, di cui madre e padre erano portatori sani. In ogni caso i medici diedero speranza alla coppia.
TENTARE UN’ALTRA GRAVIDANZA – Attraverso particolari esami molecolari avrebbero potuto tentare una nuova gravidanza e il bambino sarebbe potuto nascere sano. Ma il primo tentativo, nel 1996, andò male e la donna fu costretta ad abortire. Tre anni dopo, nel 1999, la villocentesi diede un risultato favorevole e a settembre nacque una bambina. A 18 mesi, però, anche lei mostrò i segni della gravissima di cui era affetto il fratello, che nel frattempo morì. Il tribunale di Roma ha condannato sia l’ospedale che il medico che eseguì l’esame molecolare. Per l’avv. Comini « è un risultato che almeno in parte risarcisce la coppia che in questi anni sono stati costretti ad indebitarsi per far fronte alle costose terapie negli Usa per curare la figlia». (Fonte: http://www.corriere.it e Ansa)
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